L’alimentazione può a tutti gli effetti essere uno strumento di salute e anche i grassi. Soprattutto se affrontata con coscienziosità e senza eccessi.
Per molto tempo chi si è occupato di prevenzione, soprattutto nel campo delle malattie cardiovascolari come l’infarto, ha suggerito di ridurre il consumo di grassi nella propria dieta per contrastare l’insorgenza di patologie; i grassi, tuttavia, rimangono comunque degli importanti componenti della nostra dieta. Sul banco degli imputanti ci sono principalmente i grassi “solidi a temperatura ambiente”, tecnicamente chiamati saturi, a causa della probabilità che questi composti hanno, alzando il tasso di colesterolo (soprattutto quello cattivo LDL), di aumentare il rischio d’infarto.
Tuttavia, una recente revisione della letteratura scientifica fornisce, in realtà, dati molto più rassicuranti a proposito di questa tipologia di grassi. Secondo numerosi studi, infatti, un elevato o basso contenuto di grassi saturi, ovvero provenienti principalmente da prodotti lattiero caseari e da carni, non aumenta in modo significativo il rischio di disturbi cardiovascolari, né la possibilità di sviluppare sovrappeso e diabete. Alla fine, non aumenterebbe nemmeno la probabilità di morte per qualunque causa.
Ma com’è possibile che ci sia stato un simile cambiamento di rotta?
L’epidemiologia (la disciplina che studia la distribuzione e la frequenza delle malattie ed eventi di rilevanza sanitaria nella popolazione) è una scienza giovane che continua, con il tempo, ad accumulare informazioni; tuttavia, è possibile ricavare informazioni attendibili sulla reale importanza degli alimenti sulla salute soltanto confrontando popolazioni che abbiano diverse abitudini alimentari.
Attualmente sappiamo quindi che il consumo di grassi saturi non rappresenta una minaccia alla salute e che non è necessario bandirli definitivamente dalla tavola.
I grassi buoni
Ulteriori dati suggerirebbero, addirittura, l’esistenza di grassi “buoni”, rappresentati principalmente nei polinsaturi (gli olii di semi e le noci), o nei monoinsaturi (olio di oliva e alcune carni, come il pollo) in grado di ridurre il rischio di alcune patologie, soprattutto quelle a carico dell’apparato cardiovascolare.
Non serve bandirli, ma scegliere quelli più salutari
Classicamente si dice che i grassi dovrebbero rendere conto del 30% circa delle calorie giornaliere: il 10% costituito dai saturi, il 12-15% dai monoinsaturi e la quota rimanente dai polinsaturi. Quindi non è necessario bandire totalmente questi alimenti dalla propria dieta, ma si tratta semplicemente di adeguare il consumo alle quantità consigliate e, eventualmente, di privilegiare quelli di origine vegetale o i mono e i polinsaturi.
Se non si consumano abbastanza grassi, tra l’altro, si rischia di aumentare necessariamente la quota di carboidrati assunti nell’alimentazione. Se questi carboidrati sono di qualità nutrizionale non favorevole, ovvero ad alto indice glicemico o zuccheri, il risultato finale può essere deleterio per la salute, condizionando il possibile sviluppo di sovrappeso e obesità.
Grassi buoni, anche nel gusto!
Un alimentazione equilibrata, quindi, può e deve contenere una quantità del tutto adeguata di grassi saturi, ma senza esagerare e con le dovute attenzioni. In questo modo, si può avere un’alimentazione anche più gradevole: la biologia del nostro corpo, infatti, ci induce a ricercare i grassi e a considerarli buoni per motivi di carattere essenzialmente evoluzionistico.